Titino Carrara
Scrittura drammaturgica con colonna sonora per un’ora e venti minuti circa di piccola messa in scena.
Titino Carrara porta in scena una storia di diversità liberamente ispirata a “Il Profumo” di Patrick Suskind.
Il protagonista di questa storia porta con sé la mancanza di radici, di riferimenti. Figlio di nessuno. Figlio di un’umanità maleodorante.
Titino Carrara, solo sul palcoscenico, musica, lumi, leggìo. Una voce, una storia, si direbbe.
Ma al calare delle luci in sala lo sfavillio dei lumi preannuncia il vibrare intenso e pungente di mille occhi, mille voci.
Sul palcoscenico danzano maschere irriverenti, caricature umane ammorbanti, occhi spenti, scemi del villaggio. Non un racconto, ma un respiro, istintivo, viscerale, filtrato da sguardi cinici, provocatori, disarmanti. Maschere di un teatrino inconsapevole dove regna, burattinaio, l’odore: motore primario di giudizi, infamie, esaltazioni.
Una storia di soffocante emarginazione per chi non gode della fiamma odorosa, per chi senza odore è nato e sempre ha vissuto tra tracce di… profumo. È il viaggio di un uomo solo, diverso, alla ricerca del proprio odore, scintilla vitale, essenza irripetibile, matrice primaria.
Alla ricerca della propria identità: l’odore dell’anima.
Un’urgenza, prepotente, dilaniante, che sfocia in un proposito metodologico concreto: estrarre l’anima delle cose, possederla e governarla. Un genio? un alchimista? un ciarlatano? un dio? Forse solo una scintilla dietro gli occhi vuoti di una maschera diabolica.
Una storia da vivere con gli occhi della notte, quando le ombre schiudono le porte al dubbio, alla paura e all’illusione.
Fragile, insaziabile sfavillio, danza di maschere, fascino inquieto, attrae ma non vogliamo parlarne, non lo accettiamo…: ne abbiamo troppo timore.
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